Angelo Sapio
Il 6 marzo ricorre la festività del Transito di santa Rosa. Si tratta ovviamente di uno degli appuntamenti principali del calendario liturgico viterbese. Tuttavia, come è noto, proprio a Viterbo la festa patronale di santa Rosa ricade il 4 settembre, giorno della Traslazione del corpo, (avvenuta secondo la tradizione nel 1258 per volere di papa Alessandro IV). Il culto di santa Rosa è sempre ruotato attorno a questa seconda data, ritenuta di fatto quella del primo riconoscimento della sua santità. Le fonti antiche, peraltro, non menzionano mai date precise sulla vita di Rosa, motivo per cui esse sono sempre state oggetto di disputa tra gli storici. I primi tentativi per individuare il giorno della morte della Patrona di Viterbo, quello che per la Chiesa rappresenta il Dies natalis (la nascita al cielo), sarebbero arrivati solo agli inizi del secolo XVII, in piena fase controriformista. Un po’ ovunque, di fatti, i culti locali iniziavano a rifiorire sotto la spinta delle autorità civili ed ecclesiastiche e così anche nella città della Tuscia riprendeva definitivamente vigore la venerazione verso s. Rosa, dopo le fasi alterne dei secoli precedenti. Nell’arco di tutto il Seicento si assistette ad un profluvio di biografie rosiane in lingua volgare che avrebbero contribuito ad una larga circolazione di nuove informazioni.
A dare un primo forte impulso fu Pietro Coretini, segretario comunale di Viterbo, che nel 1638, su incarico delle magistrature locali, aveva dato alle stampe la prima opera completa sulla vita di s. Rosa. Il compito del Coretini fu quello di raccogliere quante più informazioni possibili dalle fonti antiche e cercare di metterle insieme al fine di ricavarne un racconto organico e convincente. In realtà Girolamo Vittori, confessore delle Monache di S. Rosa, nella sua biografia inedita (1616) propone per la morte di Rosa il mese di aprile senza specificare il giorno. Alla stessa maniera il Coretini andò oltre: fu in grado di fornire anche una data precisa del beato transito della Santa: 6 marzo 1258. Tale fu il riscontro di popolo che evidentemente molti altri autori, di lì a pochi anni, decisero di cimentarsi nella stesura di nuove vite della Santa Patrona, concepite tutte sulla falsariga de “L’historia di S. Rosa Viterbese” di Pietro Coretini. Ci vollero molti anni prima che si riuscisse a fare un’opera di “pulizia” delle mille aggiunte e fioriture popolari che si erano sedimentate nel tempo, ma neppure l’attento studio dei Padri Bollandisti (1748), volto a correggere le molte inesattezze cronologiche che circolavano, ebbe sufficienti ragioni per non accettare la ricorrenza del 6 marzo individuata dal Coretini e ormai entrata di diritto a far parte delle nostre tradizioni religiose.
In che modo però l’autore era riuscito a ricavare questo dato? Innanzitutto era partito dai pochi punti fermi che si apprendono dalla vita latina allegata agli atti del Processo di Canonizzazione del 1457, ossia il 4 settembre (data della traslazione del Corpo), il nome di papa Alessandro IV (autore della stessa) e il dato dei diciotto mesi che separerebbero il momento della morte e quello della traslazione. Il ragionamento del Coretini molto probabilmente fu quello di fissare il 4 settembre in un determinato anno e contare diciotto mesi indietro, ovvero un anno e mezzo prima. Ponendo dunque la Traslazione al mese di settembre dell’anno X, la morte cadrebbe nel mese di marzo dell’anno X-1. A ben vedere, di fatti, a Viterbo celebriamo s. Rosa due volte l’anno, in due momenti esattamente speculari, a sei mesi di distanza l’uno dall’altro: 6 marzo e 4 settembre. Tutto parrebbe plausibile se non fosse per alcuni errori evidenti commessi dal biografo. Il Coretini afferma che la Santa sarebbe deceduta il 6 marzo 1258 e che la salma sarebbe stata riesumata e traslata al monastero delle damianite diciotto mesi più tardi, ossia il 4 settembre 1260; ma tra queste due date non passano diciotto, bensì trenta mesi (due anni e mezzo). L’errore tuttavia non sarebbe stato rilevato prima di alcuni anni, quando altri autori, avvedutisi, avrebbero cercato in qualche modo di correggerlo: alcuni anticipando la Traslazione al 1259, altri invece sottolineando che i mesi intercorrenti tra i due momenti sono effettivamente trenta e non diciotto.
Il problema principale per l’autore però derivò da un’informazione aggiuntiva che circolava da qualche tempo. Solo pochi anni prima (1625) infatti, l’irlandese Luke Wadding pubblicava gli Annales Minorum, un ricco compendio della storia francescana in cui trovò spazio anche un capitolo sulla vita della Santa viterbese. A tal proposito il Wadding riportò un documento probabilmente dimenticato da diverso tempo: la lettera inviata da Papa Innocenzo IV alla cittadinanza di Viterbo il 25 novembre 1252, con la quale dava il suo consenso ad una raccolta di testimonianze sulla vita e le virtù di Rosa, forse in preparazione di un processo di canonizzazione. Ciò significa che la giovane doveva essere già morta a quella data e perciò molto tempo prima rispetto al 1258.
Va da sé che questo dato abbia creato notevoli problemi ai calcoli del Coretini, il quale però sarebbe corso ai ripari con uno stratagemma alquanto fantasioso ma efficace. Non potendo negare l’autenticità della lettera papale, ma non volendo neppure rinunciare alle sue deduzioni, si limitò ad affermare che le virtù eroiche di Rosa erano tali e note da tempo che già il predecessore di Alessandro IV volle canonizzarla mentre ella era ancora in vita, nonché giovanissima! Curiosamente, sull’onda degli entusiasmi iniziali, anche questo dettaglio venne subito accettato dai più. Solo in una seconda fase, con l’avvio di un certo approccio critico allo studio delle fonti, la storiografia riuscì gradualmente a mettere ordine ai tanti dubbi sulla cronologia rosiana. Gli anni della nascita e della morte della Santa che conosciamo noi oggi (1233-1251) sono frutto di questo lungo lavoro di “scavo” che ha coinvolto e continua tuttora a coinvolgere in molti.
Tra i pochi punti fermi che hanno saputo resistere al tempo, troviamo però proprio quel 6 marzo in cui la Chiesa celebra ancora oggi il Dies natalis di santa Rosa e che la tradizione ha preservato nonostante risulti ormai del tutto svincolato dai calcoli cronologici di Pietro Coretini.