by Filippo Sedda
Anche quest’anno le serate “presso” la macchina di S. Rosa hanno visto l’afflusso di migliaia di devoti viterbesi e non… e la lungimiranza delle sorelle Alcantarine con l’apertura delle porte del Santuario ha permesso a tutti di accostarsi a consegnare di persona una preghiera a Rosa, viva fonte di grazie.
In questa cornice, sabato sera 14 settembre alle ore 21.00, due soci del Centro Studi Santa Rosa da Viterbo onlus, Paolo Paganucci (neo-eletto Vice-Presidente del CSSRV) e Anna Proietti, hanno mostrato ad un folto numero di amici e curiosi il frutto delle loro ricerche sull’acqua e le fonti della città di Viterbo.
“Ducere aquam et facere fontem” era il titolo dell’evento, tratto da una disposizione statutaria viterbese duecentesca a favore degli Eremitani della SS. Trinità; questo è anche il titolo del documentario ideato e realizzato da Paolo Paganucci, che descrive in una forma ampiamente divulgativa ma documentariamente rigorosa, gli aspetti storici, artistici, archeologici e popolari delle sorgenti, degli acquedotti, dei fossi e delle fontane della città di Viterbo.
È una narrazione tra ricordi personali, storia locale, antiche leggende e sconosciute curiosità che ha un unico filo conduttore: l’acqua.
Il suo significato vitale e sacrale ne manifesta la sua necessità per l’uomo e per gli insediamenti urbani. Sotto gli sguardi attoniti e annuenti dei convenuti, Paolo ci ha condotti tra eventi storici dimenticati, fossi ed acquedotti ormai nascosti e storie e motivi che hanno determinato la realizzazione di strutture ed opere pregevoli per ingegneria ed arte.
A seguire Anna Proietti, inoltrandosi nei meandri inesplorati della documentazione conservata presso l’Archivio del Monastero di S. Rosa, ha individuato vari riferimenti alle fontane e alle fonti d’acqua inscritti tra le mura della clausura. Un viaggio affascinante tra fonti notarili, cronache e ‘abbadessati’, che, sempre attraverso il tema dell’acqua, ha offerto agli uditori uno spaccato della vita claustrale di 8 secoli.
L’invito finale e accorato della studiosa è quello di avere il coraggio di inoltrarsi con pazienza in questa foresta di documentazione inedita per attingere ancora a questa fonte ancora ricca di vitali e, direi, sacrali rivoli della storia monastica e cittadina di Viterbo.