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Strenna di Natale: il presepio da Greccio a S. Rosa

Tempo di Avvento, tempo di attesa… Intanto però la Natività si prepara a fare il suo ingresso nelle case. Quello del Presepio rappresenta l’elemento senza tempo per eccellenza al centro della devozione popolare cristiana, molto più del laico albero di importazione nordica, sebbene tragga origine da tradizioni tardo antiche e medievali. Ne rintracciamo le primitive testimonianze già all’interno dei reperti sepolcrali romani, come nel caso delle pitture rinvenute a Roma nelle Catacombe di Priscilla lungo la Via Salaria (III° sec.), o i bassorilievi del Sarcofago di Adelfia estratto dalle Catacombe siracusane di San Giovanni (IV sec.).

Per giungere a quell’usanza, tipicamente italiana nei primordi, poi estesa a tutto il mondo cristiano, di raffigurare la scena della Natività bisogna però attendere l’intuizione del Santo di Assisi, quando questi, di ritorno dal suo viaggio in Terra Santa, dove era rimasto particolarmente colpito alla visita di Betlemme, pensò di rievocare la nascita di Gesù in un piccolo borgo dell’Appennino umbro a lui caro che trovava tanto simile alla città palestinese. Ottenuta preventivamente un’autorizzazione da papa Onorio III e successivamente il nulla osta del castellano di Greccio, Francesco diede forma per la prima volta in quel luogo alla riproduzione della sacra scena. In quella primissima rievocazione nella notte di Natale del 1223 c’erano solo la grotta, il bue e l’asino; nessuno prese i ruoli di Gesù, Maria e Giuseppe per non darne un eccessivo spettacolo. I popolani accorsi ad assistervi divennero invece inconsapevolmente parte di un quadro più grande, oggetto in futuro per innumerevoli riferimenti.

Tommaso da Celano, biografo del Santo, descrive così la scena nella prima Vita:

 Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l’asino. Si onora la semplicità, si loda l’umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme”.

Su impulso di quanto san Francesco aveva fatto a Greccio, ben presto l’iconografia sacra avrebbe riservato un grande interesse a questo soggetto evangelico, attraverso una produzione iconografica destinata a divenire nel tempo sempre più cospicua e fortunata. Dai primi affreschi realizzati da Giotto ad Assisi per la Basilica Superiore o a Padova per la Cappella degli Scrovegni, al primo esempio di gruppo scultoreo eseguito da Arnolfo di Cambio nel 1283 ed oggi conservato nella cripta della Basilica di S. Maria Maggiore a Roma, il Presepio via via passò dall’ambito prettamente artistico a quello popolare, soprattutto a seguito del Concilio di Trento, per poi consacrarsi definitivamente a partire dal sec. XVIII° con la nascita delle grandi tradizioni presepistiche regionali in pieno periodo Barocco.

A Roma, in particolar modo, “esplodeva” l’arte dei “Pupazzari” che si specializzò proprio nella produzione di statuine in terracotta per la costruzione dei presepi tridimensionali. A Napoli invece la tradizione presepistica ha trovato una dimensione del tutto particolare, divenendo parte non secondaria del patrimonio storico, artistico e culturale della città, tanto da far affermare al locale collezionista Michele Cuciniello che «il presepio è Vangelo tradotto in dialetto partenopeo».

La ricchezza simbolica ed allegorica del presepio napoletano generò infatti un decalogo di “regole” da seguire più o meno pedissequamente per la realizzazione di un’opera in cui la Natività doveva trovare spazio all’interno di un contesto molto più ampio, riuscendo a catturare l’attenzione dell’osservatore pur non posizionandosi necessariamente al centro della scena. Immancabile quindi trovare elementi come lo scoglio di sughero che si presta a collina, ma anche a sistema di grotte e ricoveri per personaggi di contorno come artigiani e pastori; le vestigia di un anonimo tempio romano dove il più delle volte trova rifugio la Sacra Famiglia, l’elemento dell’acqua imbrigliato sotto forma di rivo, specchio, fontanili o pozzi, oppure gli stessi Magi che giungono in visita a Gesù, i quali, più che come antichi sacerdoti zoroastriani dalla remota Persia, sono riproposti in sfarzosi abiti orientali che risentono molto del gusto turco-ottomano settecentesco. Questi ultimi personaggi hanno rivestito un ruolo fondamentale anche nella durata del presepio. In molti casi infatti esso rimaneva esposto fino al 2 febbraio, la Candelora, giorno in cui secondo la tradizione i Magi ripartirono da Betlemme.

La ricchezza di particolari, la minuziosità nel replicare scene di vita contadina o popolare contemporanea, affiancate anche da un supporto tecnologico sempre più sofisticato, ma soprattutto le dimensioni considerevoli di queste opere di ingegno portarono infine alla costruzione anche di presepi permanenti all’interno di palazzi nobiliari o vescovili, in chiese e monasteri.

Uno di questi è possibile ammirarlo presso il Monastero di S. Rosa a Viterbo, precisamente all’interno della Casa della Santa. Tutto ebbe inizio quando un sacerdote del viterbese, Mons. Aroldo Gasbarri, già arciprete di Oriolo Romano negli anni ’30 del secolo scorso, poi divenuto Economo del Pontificio Collegio Urbano di Propaganda Fide, ricevette in dono un folto gruppo di statuine in legno d’acero intagliate a mano e dipinte con colorazioni ad olio dai maestri artigiani della Val Gardena. Si trattava dei personaggi tipici del presepio sud-tirolese, alcuni dei quali anche con repliche in pose diverse, utili a rappresentare più di una scena. Il sacerdote le conservò gelosamente per tutta la vita, ma promise che un giorno queste sarebbero andate al monastero della patrona di Viterbo a cui pare fosse molto devoto…e così avvenne.

Le statuine giunsero a Viterbo nei primi anni ’70 e vennero temporaneamente impiegate per allestire un presepio nel Santuario. Per motivi logistici si scelse poi di spostarle presso la Casa di s. Rosa in attesa di trovare loro una sistemazione più consona. L’occasione si presentò proprio quando nel 1980 le monache Clarisse iniziarono delle opere di ristrutturazione della Casa al fine di consentire una maggiore fruizione da parte dei pellegrini. In quell’occasione si scelse di mettere mano anche al piano superiore dove, da secoli, resistevano ancora in condizioni molto precarie un antico fienile e una nicchia incavata nel muro che, secondo la tradizione, corrispondeva alla cella in cui si ritirava la Santa.

L’intenzione delle monache era quella di ricavare uno spazio ad hoc per la costruzione di un grande presepio permanente dove poter ricreare l’ambiente in cui si svolse la vita di Gesù ed utilizzare le pregiate statue lignee per trasporvi i racconti evangelici. Grazie allo sforzo di alcuni volontari del Monastero, sotto la meticolosa regia di Suor M. Celeste Ciancialla, in poco tempo venne completato un presepio poliscenico di circa 15 mq suddiviso in sette “quadri” che vanno dall’Annunciazione a Maria fino ad arrivare persino alla Resurrezione di Gesù, passando ovviamente per la scena della Natività, riproposta in due quadri distinti per permettere l’aggiunta dei Magi scortati da maestosi elefanti, dromedari e camelli ed infine l’ambientazione della fuga in Egitto (idealizzata nella forma della “cornice” e soprattutto nella presenza in primo piano di una grandiosa sfinge).

Per realizzare le scenografie dello sfondo venne presa ispirazione da alcune delle trecento fotografie dei paesaggi palestinesi eseguite in esclusiva per una rara pubblicazione che si conservava in Monastero, “Il Vangelo e gli Atti degli Apostoli” (Traduzione e note di P. Angelico Poppi o.f.m. conv., Edizioni Messaggero, Padova, 1961). Oltre che per la completezza della narrazione, questo presepio si distingue pertanto per la grande attenzione riservata ai particolari. Ogni personaggio, casa o albero è disposto in maniera tale da rispettare le dovute proporzioni nelle distanze prospettiche. Il cielo e le montagne sullo sfondo presentano inoltre un meccanismo aurora-tramonto in rigenerazione automatica, così come avviene per il passaggio della stella cometa; il tutto proiettato sul telo bianco che fa da quinta. Completa l’insieme un sottofondo sonoro fatto di rumori di acqua in movimento e un leggero accompagnamento musicale

Nel tempo, va detto anche che il presepio permanente della Casa di s. Rosa ha subito diverse opere di ristrutturazione, soprattutto dopo nuovi lavori di sistemazione che hanno interessato il tetto del locale, che ne hanno impedito la fruizione per alcuni anni. Molti sono stati i volontari che si sono susseguiti nel corso del tempo per fornire anche solo piccoli contributi, tutti utili alla manutenzione del presepio artistico di S. Rosa. Tutt’oggi esso necessita infatti di continue accortezze per far sì che possa essere sempre conservato e trasmesso a chi sceglierà di venire a visitarlo.

Leggere e capire il latino medievale 2022

L’insegnamento intende fornire ai partecipanti una formazione di base sulla lingua latina del Medioevo e offrire una panoramica generale dei mutamenti lessicali e sintattici avvenuti attraverso i secoli secondo le aree geografiche e il livello culturale degli scrittori (VI-XIV secc.).

Durante il corso si leggeranno e tradurranno testi di diversi generi letterari (storiografia, letteratura religiosa, novellistica ecc.) per evidenziare le peculiarità linguistiche della latinità medievale nelle sue differenziazioni dal mondo classico.

Destinatari

Tutti coloro che vogliono approfondire la lingua latina dell’epoca medievale, che abbiano una conoscenza base (scolastica) del latino.

Metodo

Non si approfondisce sistematicamente la grammatica o sintassi, ma si leggeranno insieme varie tipologie di testi e si imparerà a comprenderne il significato.

Iscrizione

Le iscrizioni dovranno pervenire rigorosamente entro il 12 gennaio 2022 attraverso questo modulo (è necessaria una Gmail per la compilazione).

Il contributo per la partecipazione è di 50 €, fatte salve eventuali convenzioni per erogazione di crediti formativi a studenti delle università associate; potranno essere versati attraverso bonifico bancario al seguente IBAN: IT18I0100514500000000001267intestato al CSSRV o su paypal.me/cssrv cliccando sul bottone “Invia”, precisando sempre la causale: “Latino medievale – Nome cognome”.

All’atto dell’iscrizione sarà necessario allegare laricevuta del versamento. Qualche giorno prima dell’inizio delle lezioni gli iscritti saranno inseriti sulla piattaforma e-SPeS, dove troveranno il link percollegarsi via Zoom. Sulla piattaforma, oltre ai materiali didattici, saranno disponibili anche le lezioni registrate. 

Brochure

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Una visita e… quasi un diario di viaggio

La mostra “Sulle tracce di santa Rosa”

a cura di Francesco Nocco

Per chi non è di Viterbo e, dopo vari percorsi e itinerari, arriva nel capoluogo tra la fine di agosto e gli inizi di settembre non può immaginare il movimento di persone, le iniziative e le manifestazioni che si organizzano in onore di una fanciulla, Rosa, vissuta quasi ottocento anni fa, che ha lasciato un’impronta indelebile nella vita culturale, politica e religiosa cittadina.

Negli ultimi due anni, a motivo delle ben note vicende legate al Covid, non si è potuto svolgere il tradizionale trasporto della Macchina di santa Rosa, massima testimonianza di devozione tributata alla Santa nel corso dei secoli e vera e propria cifra identitaria del DNA viterbese.

C’è un luogo, però, che più di tutti parla di questa giovanissima donna ed è, naturalmente, il monastero custode del suo corpo, casa religiosa che sin dal 1258 è diventata lo scrigno di un tesoro troppo importante per i viterbesi e non solo: conservare le spoglie di una fanciulla che ha segnato la storia cittadina è un onere e un onore non da poco, che le Clarisse Urbaniste hanno portato avanti per lunghissimi anni, sino a quando nel 2015 è arrivato l’aiuto della fraternità delle Suore Francescane Alcantarine, attualmente presenti tra le antiche mura del monastero.

Visitare questo luogo, varcare le soglie interne di porte un tempo sottratte all’accesso più ampio, vuol dire prepararsi per un nuovo viaggio; questa volta non conta se si proviene da Viterbo o da fuori regione, se si è molto o poco disposti a mettersi in gioco: significa andare indietro nei secoli, immergersi in un mondo che parla di donne, conoscenze e abilità di epoche passate.

Allo stesso modo è un’esperienza che non ti aspetti la Mostra “Sulle tracce di santa Rosa”: curata dal Centro Studi Santa Rosa da Viterbo onlus in collaborazione con altri importanti Enti e Istituzioni, dà voce agli antichi spazi del monastero, offrendo l’opportunità al visitatore di entrare in contatto con una parte del notevole patrimonio culturale conservato in ambienti così ricchi di memoria, tra materiali archivistici e librari e testimonianze storico-artistiche.

Il titolo scelto, che allude a delle ‘tracce’ sulle quali mettersi in cammino, fa da giusto richiamo per un percorso che si snoda lungo i locali adiacenti alla chiesa della Santa (interessando due dei lati del chiostro), articolandosi in quattro sezioni, allestite con l’intento di intrecciare i fili di un racconto rosiano, ma anche di leggere la poliedrica e affascinante storia della presenza monastica in loco attraverso i secoli.

La prima e la seconda sezione della Mostra, che trovano spazio rispettivamente nella sala del Capitolo e nel seicentesco refettorio, ospitano l’urna con il corpo della Santa – spostata nell’ultima settimana di agosto di quest’anno dalla chiesa e poi ricollocata nella sua sede intorno alla metà di settembre –, nonché la ricostruzione storico-documentaria di quel grande evento che è stato la ricognizione del corpo di Rosa nel 1921, circostanza che vide l’estrazione del cuore e il suo collocamento in un reliquiario, per la prima volta portato in processione il 13 novembre 1921 (si ricorda dunque nel 2021 il centenario); prosegue la visita con il refettorio, protagonista di teche espositive che fanno conoscere quindici lastre di rame, usate in età moderna per realizzare calcografie, ognuna con una vicenda legata alla vita della Viterbese.

Con la terza e la quarta sezione della Mostra il viaggio nella memoria non si ferma e altri due ambienti del monastero, il vecchio refettorio quattrocentesco e le antiche cucine, schiudono le loro porte: nel primo si possono osservare i prodotti delle attività manuali (decorazioni a papiers roulés e fiori di stoffa) svolte dalle religiose sino al Novecento, nel secondo il visitatore si confronta con utensili da cucina e strumenti per il lavoro, attestazioni che danno prova degli spazi e dei tempi dedicati tra le antiche mura non solo alla preghiera, costituendo inoltre una sorta di anteprima del museo della quotidianità, percorso espositivo di prossimo allestimento.

La Mostra “Sulle tracce di santa Rosa” si conclude: prima di uscire è possibile visitare anche il salone del Quattrocento, ammirando alcuni costumi del corteo storico che affianca il cuore della Santa nella tradizionale processione; lo stesso salone immette nella cappella delle reliquie, suggestivo e intimo spazio inaugurato lo scorso mese di giugno a seguito di importanti restauri dei più significativi reliquiari conservati in monastero.

E così anche il viaggio in questo interessante itinerario ha il suo punto di arrivo: negli occhi restano immagini che hanno fatto riflettere, forse hanno anche incuriosito. Il racconto però è solo all’inizio, c’è ancora tanto da scoprire (e far scoprire ai visitatori) e da ascoltare: per questi motivi la Mostra, che si sarebbe dovuta chiudere a ottobre, è stata prorogata per continuare a permettere un’escursione nella memoria, sulle tracce della Santa di Viterbo.

Franciscan Sources 2022

In questi ultimi decenni, dopo la pubblicazione delle prime raccolte nazionali di Fonti Francescane (Francia 1968, Italia 1977), l’attenzione sulle fonti riguardanti frate Francesco e il movimento a lui ispirato è aumentato esponenzialmente, portando a nuove acquisizioni, nuove edizioni e persino a scoperte di nuovi documenti.

In vista dei centenari che culmineranno negli 800 anni dalla morte (1226) e della canonizzazione (1228) di frate Francesco, si è pensato di riprendere sistematicamente tutte le fonti bio-agiografiche, cronache, compilazioni e documenti legati a Francesco d’Assisi attraverso un seminario online con sei appuntamenti annuali (da gennaio a giugno). Già la rivista Frate Francesco ha dedicato – e continua a farlo – una rubrica sulla lettura delle fonti, ma altre iniziative di studio sono nate per favorirne l’approfondimento.

Questo seminario, attraverso i maggiori esperti a livello internazionale affiancati da giovani ma promettenti ricercatori, vuole offrire a studiosi e appassionati un nuovo strumento di approccio mediante la diretta e la messa a disposizione del video, sottotitolato anche in inglese. L’ordine di presentazione delle fonti sarà pressoché cronologico, sarà annualmente declinato secondo un tema guida e evidenziato da una relazione di carattere più storiografica.

Destinatari

Studiosi e appassionati del mondo francescano e della sua storia, che desiderino approfondire la conoscenza a partire dalle numerose fonti storiche.

Iscrizione

Le iscrizioni dovranno pervenire rigorosamente entro il 7 gennaio 2022  attraverso questo modulo (è necessaria una Gmail per la compilazione).

Il contributo per la partecipazione è di 50 €; potranno essere versati attraverso bonifico bancario al seguente IBAN: IT18I0100514500000000001267 intestato a Centro Studi Santa Rosa da Viterbo onlus o su paypal.me/cssrv  cliccando sul bottone “Invia” (o bottone “Donate” in questo sito), precisando sempre la causale: “Contributo Franciscan Sources 2022 – Nome cognome”.

All’atto dell’iscrizione sarà necessario allegare la ricevuta del versamento. Qualche giorno prima dell’inizio delle lezioni gli iscritti saranno inseriti sulla piattaforma e-SPeS, dove troveranno il link per collegarsi via Zoom, i materiali didattici e saranno disponibili le lezioni registrate.

Sarà rilasciato un attestato di partecipazione.

Programma 2022

14 gennaio: Marcello Bolognari, Gli autografi di Frate Francesco 

11 febbraio: Luigi Pellegrini, Gli Scritti di frate Francesco 

11 marzo: Felice Accrocca, Fonti Francescane: dalla contrapposizione all’integrazione

8 aprile: Simone Allegria, La lettera enciclica di frate Elia

13 maggio: Marco Bartoli, Vita beati Francisci 

10 giugno: Giulia Cò, Vita beati patris nostri Francisci 

Locandina

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Notariato meridionale

Il seminario si propone di analizzare alcuni casi peculiari della storia del notariato meridionale italiano in un arco temporale che va dal X al XV secolo. L’approccio è squisitamente pratico, privilegia la lettura del documento, senza trascurare l’analisi della scrittura, il contesto documentario e storico-geografico.

Destinatari

Studiosi e appassionati del notariato, della paleografia e della storia con una competenza di base di paleografia e latino medievale.

Iscrizione

Le iscrizioni dovranno pervenire rigorosamente entro il 10 gennaio 2022  attraverso questo modulo (è necessaria una Gmail per la compilazione).

Il contributo per la partecipazione è di 50 €, fatte salve eventuali convenzioni per erogazione di crediti formativi a studenti delle università associate; potranno essere versati attraverso bonifico bancario al seguente IBAN: IT18I0100514500000000001267 intestato a Centro Studi Santa Rosa da Viterbo onlus o su paypal.me/cssrv cliccando sul bottone “Invia” (o bottone “Donate” in questo sito), precisando sempre la causale: “Contributo Notariato meridionale – Nome cognome”.

All’atto dell’iscrizione sarà necessario allegare la ricevuta del versamento. Qualche giorno prima dell’inizio delle lezioni gli iscritti saranno inseriti sulla piattaforma e-SPeS, dove troveranno il link per collegarsi via Zoom, i materiali didattici e saranno disponibili anche le lezioni registrate.

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Condannati al volontariato

Corso di formazione per assistenti volontari in carcere 

Il Centro Studi Santa Rosa da Viterbo in collaborazione con l’associazione Toto Corde e la Casa Circondariale di Viterbo propone un corso di formazione per assistenti volontari in carcere.

Il carcere è un mondo spesso incomprensibile, parallelo, dove tutto è dimenticato, dove l’ovvio va rivisitato ogni istante. Chi arriva da fuori, spesso non comprende le dinamiche e rischia di essere in difficoltà. Non è sufficiente lo spirito caritatevole, la volontà, è necessaria una preparazione puntuale che permetta di costruire esperienza. Occorre professionalità nell’atto filantropico per non destabilizzare un sistema fragile e individui deboli privati di ogni forma affettiva e comunicativa che non sia riprodotta nel contesto di reclusione. 

Attraverso i racconti delle persone che vivono quotidianamente il carcere e la specifica preparazione teorica, si vuole formare il volontario al lavoro con le persone detenute. Perché l’opera volontaria sia di aiuto realmente alla persona detenuta, ma anche a chi dona. 

Programma

27 Novembre 2021 ore 9.30-12.00 

Presentazione del corso  

Dott. Eleonora Rava, Responsabile per il Centro Studi Santa Rosa  del progetto “Esperienze di reclusione” 

Perché un corso? Non basta il cuore? 

Dott. Francesca Capitani, Presidente dell’associazione TOTO CORDE 

Populismo giudiziario e penale 

Dott. Giorgio Finocchio, Politologo e volontario nella CC di Terni 

04 Dicembre 2021 ore 9,30-12 

Il carcere e le leggi che lo regolano

Dirigente Aggiunto Dott. Mara Foti 

Storie di sicurezza 

Agente di P.P. 

11 Dicembre 2021 ore 9,30-12 

Il carcere come istituzione 

Dott. Annamaria Dello Preite, Direttrice della casa circondariale di Viterbo 

La questione della rieducazione 

Dott. Natalina Fanti, Responsabile dell’area educativa 

18 Dicembre 2021 ore 9,30-12 

Empatia, relazioni umane, formazione. Art. 17, le regole del volontariato

Dott. Francesca Capitani 

Rose che sprigionano: un esempio di buona pratica nella CC di Viterbo 

Dott. Eleonora Rava & Dott. Paola Pogliani, ideatrici del corso “Rose che sprigionano” 

Gennaio 2022 (data e orario da concordare) 

Visita nella Casa Circondariale di Viterbo e incontro con un gruppo di persone detenute. 

Iscrizione

Il corso sarà tenuto presso il Monastero S. Rosa (via S. Rosa 33, Viterbo) a cui si accederà solo con GREEN PASS. Solo in casi eccezionali si può richiedere di poter partecipare online. 

Costo d’iscrizione 10 €, che potranno essere versati attraverso bonifico bancario al seguente IBAN: IT18I0100514500000000001267 intestato a Centro Studi Santa Rosa da Viterbo onlus o su paypal.me/cssrv, precisando sempre la causale: “Contributo Corso di formazione per assistenti volontari in carcere – Nome e cognome”.

Per iscriverti compila il modulo che trovi a questo link: https://forms.gle/NBbDgz7FAyfn8W387 entro e non oltre il 26 novembre alle ore 17.00. 

Al termine del corso sarà rilasciato l’attestato di frequenza, titolo preferenziale per fare volontariato in carcere.

Per maggiori informazioni progettocarcere@centrostudisantarosa.org  

Locandina

 

Armida Barelli e santa Rosa da Viterbo

a cura di Angelo Sapio

Sabato 30 aprile 2022 il card. Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, in rappresentanza di Papa Francesco, presiederà nel duomo di Milano al rito di beatificazione della Venerabile Armida Barelli (1882-1952), a conclusione di un processo aperto già nel 1970. Storica laica cattolica militante durante tutta la prima metà del XX° secolo, la Barelli si è sempre contraddistinta per l’affermazione dei diritti delle donne e per lo sviluppo di politiche per il lavoro e la formazione. Tra i principali risultati da lei ottenuti spiccano sicuramente la fondazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo, ma soprattutto della Gioventù Femminile Cattolica Italiana (G.F.C.I.).

Già dal febbraio del 1917, sull’esempio di quell’Azione Cattolica fondata nel 1868 dal viterbese Mario Fani, aveva istituito la Gioventù Femminile Cattolica della diocesi milanese. La fortunata esperienza aveva attratto l’interesse di Benedetto XV°, il Pontefice che si era sin da subito prodigato per arrivare all’abolizione del celebre “Non expedit” di Pio IX° che aveva impedito fino a quel momento l’impegno politico dei cattolici italiani, nonché per contrastare le derive culturali portate dal modernismo e dal socialismo. Un’Unione femminile cattolica italiana (UFCI) in realtà già esisteva da qualche anno, ma l’esperimento delle giovani milanesi aveva convinto il Papa che lo stesso andasse replicato su scala nazionale.

Nel settembre del 1918 Armida Barelli venne pertanto convocata in udienza privata da Benedetto XV° per l’investitura. Fu in quell’occasione che la donna ebbe modo di manifestare il suo legame con la figura di s. Rosa da Viterbo. Nelle sue memorie racconta che fu in quel giorno che aveva scelto la Santa viterbese come patrona della futura Gioventù Femminile Cattolica Italiana. Inizialmente aveva tentato di rifiutare l’incarico perché non vi si sentiva all’altezza, ma poi…

«Quando il S. Padre aveva capito che… capitolavo, mi chiese se avevo visto le bozze dello Statuto e se avevo osservazioni da fare».

«Sì, le avevo lette, ma non ero d’accordo su tutto: in primo luogo sul limite d’età. Venticinque anni erano troppo pochi. Avrei cominciato io ad essere fuori legge. Almeno trenta. Santo padre!»

«Che vuol dire ‘almeno trenta’? Ne vorrebbe trentacinque?»

«Precisamente».

«E sia, vada per trentacinque! E poi?».

«E poi non vorrei per Patrona s. Caterina da Siena».

«Che le ha fatto s. Caterina?».

«Oh, non mi ha fatto nulla, anzi l’ammiro e la venero, ma è già Patrona delle Donne Cattoliche ed io vorrei una Santa più giovane. Abbiamo già s. Agnese di 14 anni, s. Giovanna d’Arco di 18 e ne vorrei un’altra: giovane, laica e propagandista».

«Per esempio?».

«Per esempio s. Rosa da Viterbo».

«Dica la verità: Lei vuole una Santa francescana…Gliela do volentieri! Sono terziario francescano anch’io!»

Sempre all’interno delle memorie troviamo un altro interessante passaggio in cui la Barelli racconta del suo primissimo approccio con la città di Viterbo, nella primavera del 1919, che curiosamente tratteggia degli aneddoti dal sapore quasi tragicomico:

“Da Roma andai a Perugia, e di lì mi recai a Viterbo per chiedere a S. Rosa di ottenermi la grazia di poter parlare senza leggere. Per recarmi a Viterbo, inesperta com’ero delle linee ferroviarie, pensai di fermarmi la sera a dormire a Civitacastellana, telegrafando ad un albergo, trovato su una guida, per impegnare la camera. Ma arrivando la sera alle nove a Civitacastellana, seppi che l’albergo era a nove chilometri e non v’era nessun mezzo per recarmi colà; nessun altro treno potevo prendere fino all’indomani mattina.

Decisi di dormire nella sala d’aspetto, perché credevo di essere sola, ma ecco che un soldato ubriaco entra e viene a sedersi accanto a me, con un atteggiamento tutt’altro che rassicurante. Mentre ero indecisa sul da fare, un agente entrò per chiudere a chiave la sala, dato che non passavano più treni. Allora corsi dal capostazione e gli dissi:

«Io non posso star chiusa in una stanza tutta una notte con un ubriaco! mi chiuda almeno nel suo studio».

«Non posso signorina, c’è un divieto formale».

 Mi prese tale angoscia che esclamai:

«Non ha lei una figliola, una sorella, la sposa, insomma una persona cara la cui purezza le stia a cuore? E la lascerebbe una notte chiusa in una stanza con un ubriaco?».

Il capostazione comprese e mi disse:

«Venga con me signorina. C’è a poca distanza, una bettola. La presenterò alla padrona e Lei può stare sicura anche se è… una bettola».

La padrona aveva occupate tutte le stanze, ma alla preghiera del capostazione disse che poteva mettere a mia disposizione una branda nella camera della persona di servizio.

Accettai e, vestita, mi sdraiai sulla branda, ben avvolta nello spolverino da viaggio.

Il russare della persona di servizio e la situazione nella quale mi trovavo in quel disagiato giaciglio non mi permisero di chiudere occhio, ma ero lieta di offrire quel pellegrinaggio di penitenza per ottenere la grazia che desideravo, pel bene della mia Gioventù Femminile.

Quanti rosari, quante preghiere, quanta meditazione in quella notte!

Verso le quattro del mattino, quando mancava un’ora circa per la partenza del treno, vedo entrare in camera un uomo con un fucile. Pensai subito che fosse uno di quegli uomini che mi avevano vista quando era entrata nella bettola e che venisse per derubarmi e forse anche peer uccidermi. Credetti giunta la mia ultima ora e pregai:

 «Sacro Cuore di Gesù, mi son sempre fidata di te in vita e voglio fidarmi di te anche in morte».

Invece l’uomo dal fucile attraversò la stanza e uscì dalla parte opposta. Dopo di lui, un secondo, un terzo, un quarto e altri ancora col fucile a tracolla, attraversarono la camera; compresi allora che erano cacciatori che andavano a caccia, e per uscire, dovevano attraversare la camera di passaggio della persona di servizio.

Arrivata a Viterbo, vi rimasi una giornata intiera in preghiera; affidai a S. Rosa tutte le propagandiste presenti e future della Gioventù Femminile, e le chiesi di intercedere presso il buon Dio, per ottenere a me e a tutte le propagandiste future della G.F. la grazia di parlare con convinzione lasciando il nostro Dio e non il nostro “io” nella propaganda.

Promisi anche alla giovane Santa apostola di tornare con un bel numero di dirigenti e propagandiste a ringraziarla, se avesse ottenuto alla Gioventù Femminile, cominciando da me, la grazia che chiedevo.”

Tre anni più tardi avrebbe organizzato un pellegrinaggio nazionale di tutta la G.F.C.I. presso il Monastero di S. Rosa a Viterbo.

In ricordo della permanenza di Armida Barelli presso il monastero di S. Rosa, le sorelle Alcantarine stanno allestendo la sua camera nel corridoio del Noviziato, che sarà presto visitabile!

Microstoria e storia della vita quotidiana

Convegno internazionale di studi

Viterbo, Monastero di Santa Rosa, Salone del Quattrocento, 

Il convegno è stato realizzato grazie al contributo concesso dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali del Ministero della cultura.

Il programma del convegno intende occuparsi del monastero di S. Rosa da Viterbo come luogo e come comunità e della vita che ogni giorno si svolge tra le mura del chiostro e in rapporto con le comunità esterne. L’approccio storiografico intende combinare le tecniche della microstoria (Microhistory) e quelle della ‘storia della vita di ogni giorno’ (Alltagsgeschichte). La microstoria indaga intensivamente e analiticamente un piccolo e ben definito oggetto, un singolo evento, una comunità di villaggio, in un contesto ben definito e si focalizza su un particolare caso di studio, con un approccio microanalitico, per rispondere a grandi questioni storiche (macrostoria). La storia della vita di ogni giorno, invece, cerca di ricostruire le azioni, le affermazioni, i comportamenti, le relazioni sociali, i sentimenti, enfatizzando i cambiamenti storici che ne derivano. Microstoria e storia della vita di ogni giorno sono spesso connesse. 

La storiografia ha lavorato molto sui temi della scansione temporale della vita in un monastero, della cultura delle monache, della spiritualità. Attraverso questo incontro di studi si intende riflettere su aspetti della vita quotidiana, che hanno maggiore attinenza con le attività produttive e gli aspetti più materiali dell’esistenza, utilizzando quanto più possibile la documentazione prodotta direttamente dalle monache: documentazione cartacea (registri, libri, scritture) per un verso, documentazione materiale (oggetti e ambienti) dall’altra.

Programma

20 novembre 2021

10.30-13.00 / 15.00-17.30

Prolusione di Gabriella Zarri

La vita quotidiana nei monasteri di clausura femminili

Presiede Gabriella Zarri

Paola Monacchia, Gli oggetti dell’abbadessa: da un inventario del monastero di S. Giuliana di Perugia del 1574

Letizia Pellegrini, Scrivere lettere dalla clausura

Rita Chiacchella, Fonti per la storia della vita quotidiana nel monastero perugino di S. Maria di Monteluce

Presiede Paola Pogliani

Sauro Gelichi e Mauro Librenti, Le testimonianze materiali delle Clarisse di Finale Emilia

Antonella Ambrosio, Alla rota: scrivere per documentare il quotidiano nel XV secolo. Il caso di Napoli.

Silvia Carraro, La vita quotidiana nei monasteri femminili veneziani

Silvie Duval, La scrittura delle monache di San Domenico di Pisa

21 novembre 2021

10.30-13.00 / 15.00-17.30

Introduzione di Francesca Sbardella

La vita quotidiana nel monastero di Santa Rosa a Viterbo

Presiede Alessandra Bartolomei Romagnoli

Gloria Gubbiotto-Chiara Sassi, I camerlengati: l’alimentazione delle monache di Santa Rosa

Tommaso Lucchetti, L’alimentazione del monastero di Serra de’ Conti

Paola Pogliani, Sabrina Sottile, I reliquiari in paperoles (papiers roulés) e i fiori di stoffa

Emanuele Lugli, Reliquie da contatto: le misure di Santa Rosa

Presiede Attilio Bartoli Langeli

Beatrice Casocavallo-Noemi Giovino-Flora Miele, Fonti materiali per la storia della vita di ogni giorno

Eleonora Rava, Gli abbadessati e i libri delle offiziali

Filippo Sedda, Dalle costituzioni vescovili: scene di vita quotidiana

Francesco Nocco, Viterbo e non solo: pratiche e strategie di lettura tra le Clarisse Urbaniste

Conclusioni di Frances Andrews

 

Modalità online

Sarà possibile seguire il convegno online mediante la piattaforma Zoom. Chi desidera ricevere le credenziali di accesso, si può iscrivere entro il 19 novembre alle ore 17 attraverso il seguente modulo: https://forms.gle/LHzaNREPS4MBTZ5NA.

Le credenziali di accesso saranno inviate la sera del 19 novembre.

Locandina

Dante ha scritto realmente la Commedia?

L’intervento di Attilio Bartoli Langeli presidente del Centro Studi S. Rosa da Viterbo onlus

Il 23 giugno 2021 (ore 16.30), Attilio Bartoli Langeli è intervenuto su La scrittura di Dante presso il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria. Crediamo che valga la pena riproporre il contenuto della relazione che forse è passata un po’ in sordina e vogliamo farlo in questo periodo in cui anche le iniziative per l’anno dantesco vanno pian piano scemando. 

Lo studioso perugino, già docente di paleografia e diplomatica a Perugia, Venezia, Padova e Roma, disserta sulla scrittura di Dante di cui non si conosce nessun codice della Commedia autografo, ossia attribuita con certezza alla sua mano. Contrariamente si conosce una produzione interamente o parzialmente autografa documentata sia per Petrarca sia per Boccaccio.  

Neppure nell’iconografia è stata tramandata un’immagine di Dante intento a scrivere la sua massima opera; la stessa testimonianza di Leonardo Bruni (1436, Della vita, studi e costumi di Dante), che parla di una scrittura magra e lunga e corretta che il poeta avrebbe usato per alcune sue lettere, ci porta a immaginarlo mentre scrive missive piuttosto che nell’attimo in cui fissa su pergamena i Canti della Commedia…

L’ipotesi avanzata dal paleografo perugino è che Dante non abbia mai messo per iscritto, ma piuttosto composto e recitato a memoria le terzine, dettando ai figli o ad adiutores/assistenti al suo servizio, i quali alla sua morte avrebbe provveduto a confezionare l’opera consegnata alla storia come Commedia o Divina Commedia. La proposta ardita e affascinante è sostenuta con perizia e articolate argomentazioni da Attilio Bartoli Langeli, che ha messo a disposizione la registrazione della conferenza tenuta al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, nell’ambito delle iniziative legate alla mostra “Charun demonio e l’immaginario mitologico dantesco”.

Dante Alighieri, Commedia, con un commento latino derivato da Pietro di Dante. 1380 Ms. A.322

Convegno sulla Tuscia a Tarquinia

Il 16 e 17 ottobre 2021 a Tarquinia si svolge il convegno “Stato della Chiesa e Patrimonio di San Pietro in Tuscia: un territorio e una storia da riscoprire”organizzato dalla Società Tarquinese d’Arte e Storia. Il Centro Studi sostiene l’iniziativa come ente patrocinatore e conta la dott. Eleonora Rava nel comitato scientifico dell’evento. 

Di seguito alleghiamo il programma completo.