Filippo Sedda
1° settembre all’imbrunire, sagrato del Santuario di S. Rosa. Un giovane papà tiene in braccio il suo bimbo neonato vestito con la caratteristica divisa da facchino. Poche ore dopo i mini-facchini (ovvero circa 200 ragazzi tra i 6 e i 14 anni suddivisi in tre squadre) trasportano per le vie del Centro storico la mini-macchina di S. Rosa, con uno stop davanti alla chiesa. È vivo e palpitante, quasi tangibile, il senso di appartenenza dei viterbesi a santa Rosa. Si diventa facchini di santa Rosa ancora prima di imparare a camminare, ancora prima di saper pronunciare il nome della santa Patrona.
2 settembre, sagrato del Santuario di S. Rosa. Qualcuno impartisce ordini, perché la folta schiera di figuranti (oltre 300) del Corteo storico si disponga nel giusto ordine per raggiungere e poi accompagnare la solenne processione del cuore di santa Rosa, che dalla Cattedrale arriva al Santuario. Quello che colpisce anche in questa giornata è la presenza di una folta schiera di ragazzi a vestire i panni delle rosine e dei boccioli e di altri personaggi storici. Si tocca con mano nei volti di tutti il desiderio di esserci (soprattutto dopo due anni di fermo) per stare più vicino possibile al cuore della Santa.
3 settembre al tramonto, sagrato del Santuario di S. Rosa. Una folla di spettatori da qualche ora si accalca per conquistare uno spazio che consenta di vivere il trasporto della macchina. La speranza è di poter raccogliere uno sprazzo di luce che la macchina accende per le strade di Viterbo, squarciando il buio che intenzionalmente riempie le vie cittadine. In quel momento ogni singolo partecipante diventa facchino, non perché fisicamente si carica del peso della macchina, ma perché parte di una forza, un sentimento collettivo.
4 settembre all’alba, sagrato del Santuario di S. Rosa. Una processione incessante e continua di persone si inerpica sulla salita per andare a sostare qualche secondo davanti all’urna della Santa, per partecipare a una messa o semplicemente per avere anche quest’anno una rosa a ricordo di questa festa.
Si addice per Rosa la domanda che nei Fioretti frate Masseo rivolge a frate Francesco: «Dico, perché a te tutto il mondo viene dietro, e ogni persona pare che desideri di vederti e d’udirti e d’obbedirti? Tu non sei un bell’uomo nel corpo, tu non sei di grande scienza, tu non sei nobile; onde dunque perché a te tutto il mondo viene dietro?».
La forza di Rosa è come quella di Francesco, è quella di scardinare tutte le logiche umane: la bellezza, la conoscenza, la posizione sociale… È la debolezza di Rosa a conquistare, il suo essere una come tante, non avvenente nel fisico, semplice, quasi anonima per la società. Tuttavia Rosa è riuscita a vivere in modo straordinario la sua ordinarietà.
Seguiamo anche noi l’esempio della nostra Patrona: non possiamo lamentarci di non avere questo e non avere quello, ma occorre che ci impegniamo a essere quello che siamo, fino in fondo.
Buona festa di santa Rosa a tutti!